Ridola

Il museo Archeologico Domenico Ridola, istituito nel 1911 è, accanto al museo di Palazzo Lanfranchi, una delle due sedi del museo Nazionale di Matera. Si trova nel centro storico della città, all’interno dell’ex convento di Santa Chiara ed è articolato in varie sezioni fra cui, di particolare interesse per il progetto, quelle dei contesti funerari dell’Età dei Metalli e della Magna Grecia. Gli interventi conservativi si sono, in particolare, concentrati sui manufatti della Collezione Rizzon per la quale, nell’ambito del progetto, è stato sostenuto anche il finanziariamente per un nuovo allestimento.
Molte sono state le attività di conservazione e restauro che si sono svolte all’interno del museo, sia in previsione della ricollocazione della Collezione Rizzon nel nuovo allestimento, sia come interventi necessari ad una più sicura esposizione dei reperti. In particolare:
1. schedatura conservativa di reperti ceramici, esposti nelle sale aperte al pubblico, o conservate nei depositi;
2. interventi di manutenzione straordinaria e di restauro di manufatti ceramici;
3. movimentazione dei vasi della Collezione Rizzon e di altri reperti lapidei per il posizionamento e l’esposizione nel nuovo allestimento;
4. monitoraggio ambientale in occasione della mostra Blind Sensorium.
Analogamente a quanto realizzato per le collezioni del Museo Archeologico di Metaponto, gli oggetti esposti nelle sale o nei depositi sono stati oggetto di schedatura conservativa.
Si è ritenuto fondamentale segnalare se il manufatto è ricomposto da più frammenti, come nella grande maggioranza dei casi e dare una valutazione (valore da 1 a 3) sul numero dei frammenti e sull’entità delle lacune/mancanze, nonché segnalare se le giunzioni tra i frammenti sono stuccate e le mancanze integrate o meno.
L’attività di schedatura è stata finalizzata anche a fornire i dati dei manufatti per le sperimentazioni che sono state condotte dal Politecnico di Milano e da 3DResearch. Nelle schede sono state annotate le caratteristiche metriche: altezza (altezza all’orlo, altezza massima se diversa dalla precedente, altezza interna); diametro (diametro massimo, quello all’orlo e quello della base); lo spessore medio; il peso del manufatto.
Sono state schedate quasi 100 opere, crateri, anfore, pelike, hydrie e hoinocòe, esposte nelle vetrine o conservate nei diversi depositi.

 

Manutenzione straordinaria e restauro di vasi

L’attività di schedatura conservativa per i vasi della Collezione Rizzon, una sezione dell’esposizione del museo Ridola, ha evidenziato la necessità di interventi di manutenzione straordinaria per tre grandi vasi. Successivamente ulteriori quattro vasi, parte della stessa Collezione Rizzon e già ricomposti in passato, sono stati sottoposti ad nuovo intervento di restauro. Sui vasi sono stati infatti riscontrati la depolimerizzazione dell’adesivo e il conseguente parziale cedimento dei vecchi incollaggi. Nel procedimento, particolare attenzione è stata rivolta anche al trattamento delle precedenti integrazioni, caratterizzate da irregolarità superficiali e alterazione del colore.
Sempre nell’ambito del progetto è avvenuta la movimentazione e il riposizionamento nel nuovo allestimento della Collezione Rizzon di tutti i 94 vasi fittili, nonché di alcuni reperti in materiale lapideo di grandi dimensioni e peso.

 

La mostra Blind Sensorium – Il Paradosso dell’Antropocene

Inaugurata il 6 settembre 2019 e prorogata fino all’8 marzo 2020, la mostra Blind Sensorium – Il Paradosso dell’Antropocene è stata una delle quattro grandi mostre in programma per Matera, Capitale Europea della Cultura nel 2019.
La mostra è stata allestita in due sedi, di cui una presso il Deposito 1 del Museo Archeologico Nazionale Domenico Ridola, un locale seminterrato articolato su due livelli grazie ad un soppalco percorribile. Sugli scaffali del Deposito, i reperti archeologici hanno fatto parte della ricerca artistica iniziata dall’artista milanese Armin Linke nel 2013, commissionata dalla Haus der Kulturen der Welt di Berlino e poi sviluppata in collaborazione con istituzioni artistiche e scientifiche internazionali. Accanto a fossili e reperti in bronzo, in ferro e in ceramica, si trovavano riproduzioni fotografiche, libri antichi e moderni, disegni, dipinti, cartografie satellitari e geologiche, filmati e dispositivi elettronici.
Per il controllo delle condizioni espositive delle opere in mostra e dei reperti archeologici conservati in deposito, è stato condotto un monitoraggio seguendo il protocollo di monitoraggio Scheda Ambientale, messo a punto per lo studio di luoghi adibiti alla conservazione ed all’esposizione permanente e temporanea di opere. Durante i mesi da settembre 2019 a marzo 2020, a partire dall’allestimento della mostra fino alla chiusura, sono stati monitorati gli andamenti della temperatura e dell’umidità relativa. Il monitoraggio, oltre ad aver consentito un controllo costante delle condizioni ambientali della mostra, al fine di garantire le migliori condizioni conservative per le opere esposte, ha costituito anche una prima verifica delle condizioni microclimatiche dei depositi del museo: i dati raccolti sono, infatti, una prima documentazione delle condizioni dei depositi nel corso della stagione autunnale ed invernale. Questi dati potranno essere di riferimento in occasione di successivi controlli per lo studio del variare delle condizioni di conservazione delle opere, causato dal cambiamento climatico.