Intervento

Problemi conservativi generali

Santa Lucia alle Malve, come la gran parte di chiese rupestri di Matera, è una struttura in parte costruita ed in parte scavata nel banco roccioso; pur non trattandosi di un luogo completamente ipogeo, questa condizione di continuità con la roccia-madre, e i parametri termoigrometrici correlati, sono i principali fattori per la formazione di efflorescenze saline e per la proliferazione delle specie biologiche.
All’interno della chiesa, tanto le superfici di roccia nuda, quanto quelle ricoperte dai dipinti erano dunque interamente deturpate da patine biologiche, di colore variabile dal verde chiaro a quello scuro quasi nero, al colore arancio scuro, al bruno. Proliferazione biologica protratta nel tempo, che ha portato ad un progressivo degrado dei dipinti murali presenti nella chiesa. A questo ineludibile fattore intrinseco di alterazione, si sono sommati quelli connessi ai diversi periodi di abbandono, o utilizzo improprio.
Le caratteristiche tecniche e i problemi conservativi che presentano gli affreschi di Santa Lucia sono quelli che accomunano la gran parte delle chiese rupestri materane; separare gli affreschi dalle pareti, resecandoli, e portarli in altro luogo, soprattutto in passato, e in condizioni particolari, appariva l’unica maniera per salvarli. Oggi questa prassi è unicamente riservata a gravissime, estreme situazioni di urgenza. La scelta conservativa, per il mantenimento in situ, è stata quella seguita a santa Lucia: articolata in diverse fasi, la prima delle quali è stata la disinfezione di tutte le superfici interne. L’attuale restauro dei dipinti della chiesa di Santa Lucia alle Malve è l’ultimo di cinque interventi che si sono succeduti a partire dal 1979 ad oggi.
Le condizioni conservative delle superfici dipinte, come per molte altre chiese rupestri materane, sono strettamente legate ai fattori di alterazione naturali che caratterizzano gli ambienti scavati nei banchi rocciosi: percolazione di acqua, alti livelli di umidità relativa, scarso movimento di aria. A questi si sommano, e agiscono in modo sinergico, i fattori di alterazione antropici: urti, abrasioni, rotture, sovrammissione di sostanze; variazioni repentine delle condizioni microclimatiche connesse all’uso. Questo ultimo fattore, peraltro in stretta sinergia con tutti gli altri, mentre nelle epoche passate era correlato agli usi della chiesa come riparo e abitazione, è attualmente per lo più determinato dall’ingente e sempre crescente frequentazione turistica. Tutti questi elementi sono comprensibilmente critici per una buona conservazione nel tempo di una struttura tanto preziosa quanto delicata; ed è per questo che risultano ineludibili attenzione continua e cure regolari.

Intervento in esterno

L’analisi della situazione conservativa all’interno, e i risultati delle indagini diagnostiche,  hanno indirizzato verso trattamenti preliminari di carattere generale, che sono stati condotti prima delle operazioni di restauro delle superfici.
Il primo di questi trattamenti è stato il miglioramento del deflusso delle acque meteoriche nel pianoro sovrastante la chiesa. Qui sono state realizzate operazioni di minimo intervento: la rimozione delle piante infestanti e dei detriti; la sigillatura con malte tradizionali  di polvere di pietra e calce idraulica NLH3,5 delle vie pervie all’acqua; la stabilizzazione, con lo stesso tipo di malta, degli avvallamenti dove i materiali esistenti erano maggiormente disgregati; la sostituzione di un tombino per la canalizzazione delle acque raccolte;  la creazione di due nuovi punti di fuoriuscita delle acque ruscellanti per evitare allagamenti di parti con avvallamenti.

Intervento sui dipinti

Per il restauro delle superfici dipinte all’interno della chiesa di Santa Lucia alle Malve, il problema biologico è stato il primo ad essere affrontato; a questo scopo, prima dell’inizio dei lavori, sugli strati dipinti è stato condotto un trattamento  di disinfezione, finalizzato alla devitalizzazione dei microorganismi. Oltre alle patine di origine biologica, gli affreschi sono stati trovati però coperti, e in modo quasi uniforme, anche da patine biancastre, più o meno trasparenti: efflorescenze di sali solubili e concrezioni calcaree. Date le condizioni ambientali molto legate alle variazioni climatiche esterne, cicli alternati di bagnatura per infiltrazioni o elevata umidità dell’aria e asciugatura, possono essere all’origine fenomeni di cristallizzazione sulle superfici di carbonato di calcio e altri sali solubili veicolati dall’acqua. La rimozione delle patine di cristallizzazione dei sali solubili è avvenuta durante l’intervento di restauro dei dipinti.

Disinfezione

L’alterazione più marcatamente percepibile ad occhio nudo era data dalla consistente patina biologica di colore verde e bruno presente su tutte e superfici, comprese quelle dipinte. Patine biologiche dannose non tanto dal punto di vista estetico, quanto per la disgregazione che producono su malte e colori.
Fase preliminare al trattamento di disinfezione è stata l’ indagine per la caratterizzazione biologica condotta su campioni di patina, che ha messo in evidenza la proliferazione di microorganismi appartenenti a specie diverse. I trattamenti di disinfezione sono stati due: uno preliminare e uno condotto a distanza di un anno dal primo, a lavori di restauro già conclusi, inserito nel programma conservativo. Tutte le superfici sono state trattate con biocida ad ampio spettro d’azione, il Preventol RI 80 ad una concentrazione del 3% (V/V) in acqua deionizzata. Il trattamento ha previsto tre cicli d’applicazione intervallati di una settimana, così come sperimentato nei due campioni pilota realizzati in fase di progettazione. Al termine dei tre cicli è stato controllato il grado di vitalità residua delle diverse specie.

Pulitura

La pulitura delle superfici dipinte è consistita in una serie di operazioni volte non solo alla eliminazione dei veli biancastri dovuti ai sali cristallizzati, ma anche ai residui di sostanze applicate durante passati interventi di restauro.

Rimozione delle patine di cristallizzazione dei sali solubili

I primi saggi hanno interessato la parete della Incoronazione della Vergine: sono stati condotti  mediante applicazione di resine a scambio ionico (Ionex H), il cui effetto immediato ha dato risultati molto soddisfacenti, rendendo leggibili colori e dettagli dei dipinti. Per limitare il più possibile l’apporto di acqua, prima di applicare le resine a scambio ionico, in alcuni casi è stato applicato a pennello il prodotto Ciclometicone D5, in altri è stato preferito un tipo di pulitura meccanica, ottenuta con molette in silicone su micromotore elettrico che ha permesso di asportare le carbonatazioni e le efflorescenze saline senza modificare il delicato equilibrio dei materiali originali.

Integrazioni

L’adesione degli affreschi alla roccia è buona, i fenomeni di distacco interessano aree molto limitate: qui sono stati condotti consolidamenti con infiltrazioni di malta premiscelata.
La fase di integrazione cromatica, sia delle lacune stuccate che delle abrasioni della pellicola pittorica, è stata condotta con l’uso di colori Gamblin.
A conclusione delle lunghe fasi di restauro vi è stata piena consapevolezza che la naturale  situazione ambientali imporrà un protocollo di pratiche manutentive periodiche;  questo accomuna Santa Lucia alle Malve alle altre chiese rupestri di Matera.  Lasciate,  dopo impegnativi restauri,  prive di queste «buone pratiche», tutte sono destinate a tornare presto alle loro primitive condizioni.